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Vecchio 19-02-2020, 14:56   #9
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Malinka
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Predefinito Re: Senza titolo

Io non penso che tutti coloro che dicono di non temere la morte stiano mentendo.
Per carità, ci sarà senz'altro chi mente, un modo come un altro per cercare di esorcizzare questa paura.

La mia idea è che chi aderisce a un qualunque tipo di religione potrebbe temere la morte perché teme il castigo che l'attenderebbe per le colpe (vere o presunte) di cui si fosse macchiato nella vita terrena; le religioni sono maestre nell'instillare i sensi di colpa, cominciano fin da quando sei bambino...

Chi non aderisce a nessuna religione non ha questo problema, però potrebbe temere l'ignoto e il pensiero che nulla sarà più come ora gli potrebbe risultare intollerabile e spaventoso...ma è una preoccupazione inutile.
Non avete mai notato che chi si avvicina alla morte già parecchi giorni prima comincia gradualmente a staccarsi dalle cose terrene, essendo oramai proiettato, anche se inconsciamente, verso un'altra dimensione?
Succede agli umani, succede agli animali.

Io sono di quelli che non temono la morte in sè, con buona pace di chi potrebbe pensare che io stia mentendo.
Sono altre le cose che mi fanno paura quando penso alla fine di questa vita terrena: ho paura della sofferenza fisica che potrebbe precedere questo passo, che si tratti di una malattia o di un evento traumatico non fa differenza.

E sono terribilmente angosciata al pensiero della sofferenza che proverebbero coloro che amo e che mi sopravviveranno.

Ho già avuto occasione di confrontarmi a cuore aperto con chi stava per compiere il grande passo e ho toccato con mano quella che era la sua reale paura: sentir male fisicamente.
Ho atteso che quella persona decidesse spontaneamente di intavolare il discorso; sentivo che lo voleva fare e sentivo che non ce la faceva a esternare i suoi pensieri, ma non volevo essere io a parlarne per prima, ho scelto di aspettare che l'altro si sentisse pronto a farlo.
Quello che ne è derivato è la grandissima serenità che ho visto permeare quella persona nei giorni dopo il nostro colloquio e fino all'ultimo attimo di coscienza, perché nonostante le sofferenze fisiche che l'affliggevano, aveva compreso che in quell'ultimo barlume di coscienza non avrebbe sentito più nulla, che il passaggio sarebbe stato lieve come un alito di vento che ti sfiora e se ne va.

Mi sono già trovata nella condizione di dover decidere per altri; è importante rispettare il desiderio di chi non ha voce per esprimerlo, qualunque esso sia.

Con gli animali, dato che la loro vita rispetto alla nostra è molto breve, ho sperimentato un diverso approccio tra la prima volta in cui mi sono trovata di fronte al bivio cruciale e quelle successive.
Con il mio primo gatto gravemente malato non sono riuscita a separare il mio desiderio di tenerlo il più possibile con me, da quella che era la sua volontà.
La paura di perderlo, di non poterlo più vedere, accarezzare, baciare mi ha fatto ignorare il messaggio che a suo modo mi mandava, un messaggio chiaro che avevo scelto di ignorare.
Ancora oggi rimpiango di aver anteposto al suo bene reale il mio egoistico desiderio di non lasciarlo andare.

Da quel giorno ho scelto di ascoltare e rispettare sempre le volontà dell'altro, tanto più che (purtoppo per me perché ci sto molto male) so già con notevole anticipo, per così dire in "tempi non sospetti" quanto tempo ci sarà ancora concesso di vivere insieme. Umani, animali...
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