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Vecchio 09-07-2021, 11:39   #6
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Bustrofedico
Cucciolino
 
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Predefinito Re: Rinforzo positivo (rinforzo+)classico: serve al gatto?

Premessa: il concetto di educazione riferito ad un animale esiste solo nella lingua italiana (talvolta nella variante "addestramento educativo", che serve per lo più ad edulcorare il termine addestramento).

Non è un caso che io prediliga il termine inglese training, che definisce in modo più preciso ed eticamente neutro ciò di cui stiamo parlando. Si fa training ad un animale, ma anche un umano fa training per imparare un nuovo lavoro oppure per prepararsi ad una competizione sportiva.

Il concetto di fondo è che l'obiettivo è mettere l'individuo (umano o animale che sia) in grado di rispondere ad esigenze che fino a quel momento non aveva avuto.

Un animale domestic(at)o ha l'esigenza di interagire in modo positivo con quello che, volente o nolente, è il padrone di casa. Far finta che il rapporto tra i due sia paritario è ipocrita: l'animale dipende dall'umano per la sua sicurezza, il cibo, la salute, etc. Quindi, è l'umano ad avere la responsabilità di guidare l'animale.

L'obiettivo del training è quindi indurre e consolidare nell'animale comportamenti idonei nell'ambito della famiglia che lo accoglie, con vantaggi per tutti. Un gatto che mi sveglia alle cinque del mattino perché vuole che riempia la sua scodella non è una compagnia per me piacevole, così come non lo è il gatto che salta sul mobile di cucina e ruba il cibo che sto preparando per la mia cena.

Eppure entrambi i comportamenti sono del tutto razionali nell'ottica primaria del gatto, che stabilisce una relazione lineare tra azione e risultato ("sveglio il mio padrone e lui mette il cibo nella ciotola"). Per capirci, se ogni volta che ci sveglia noi ci alziamo e lo nutriamo, stiamo addestrandolo a ripetere quel comportamento, visto che è efficace.

Fare training del proprio gatto significa inserirlo in un sistema di azioni e reazioni che lo inducano ad assumere i comportamenti che ci consentono una piacevole convivenza. Poi qualcuno si può anche - legittimamente - divertire ad insegnarli a sedersi a comando o a dare la zampa, ma questo non è il nocciolo del training.

Questo significa talvolta contrastare gli istinti dell'animale? Certamente sì. Ma è una normale conseguenza del fatto che non è più un animale selvaggio, e che il suo sistema di riferimento non è il bosco o il prato ma una casa (ed il suo giardino, eventualmente).

Non solo, si tratta di un'attività faticosa e che richiede impegno e coerenza. La cosa peggiore che possiamo fare è dare segnali contrastanti all'animale, che ha invece bisogno di sapere con certezza che ad una certa azione corrisponde una ricompensa o una mancata ricompensa (il rinforzo negativo è inefficace con gli umani, figuriamoci con gli animali).

Quello che ho però spesso notato nei possessori di gatti è un certo compiacimento per la "non addestrabilità" dei gatti. Chi ama i gatti è spesso attratto dalla percezione di autonomia dell'animale, e considera qualsiasi training come snaturante. Troppe volte mi trovo in case dove un gatto decisamente molesto viene tollerato "perché è un gatto", esattamente come i bambini maleducati sono tollerati "perché sono bambini".
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