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Il comportamento dei vostri a-mici Se avete dubbi, domande o esperienze sul comportamenteo dei vostri a-mici postate qui.

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Vecchio 27-01-2023, 14:48   #21
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Aletto
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Predefinito Re: Sull'animalità, anche la nostra

Ricordo che in laboratorio quando la vetreria si era molto sporcata chiedevo all'addetto tecnico in romano: a Serafì senti mpo', daje na sonicata. Ossia Serafino mettila in bagno a ultrasuoni.


"Quando mi trastullo con la mia gatta chissà se essa non faccia di me il proprio passatempo più di quanto io faccia con lei" Montaigne
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Vecchio 27-01-2023, 17:57   #22
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leucio
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Predefinito Re: Sull'animalità, anche la nostra

Le parole sono successioni di suoni. Anch'esse rispondono alla logica matematica della sequenza breve-ampio che nel citato studio sui primati viene richiamata a proposito della comunicazione non verbale oggetto dell'esperimento. Ed essendo suoni, per efficacia comunicativa devono sottostare anch'esse alle immutabili leggi dell'Armonia (questo vale anche per i gesti, sebbene il riferimento artistico qui sia la danza). Io spesso nel dubbio mi sono fidato del mio "orecchio" prima di andare a compulsare il dizionario, e di solito ci prendo (ogni legge conosce le sue eccezioni, soprattutto nelle lingue: esempio classico, i 300 verbi irregolari del greco antico). Non a caso si dice: "mi suona / non mi suona bene"... Di sicuro, suona benissimo la tua meravigliosa "sonicata", un suono davvero delizioso...

Ultima Modifica di leucio; 27-01-2023 at 18:03.
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Vecchio 27-01-2023, 18:59   #23
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Predefinito Re: Sull'animalità, anche la nostra

A proposito di verbi irregolari greci, questo era bellissimo, correre:

τρέχω, δραμοῦμαι, ἔδραμον, δεδράμηκα

Penso sia un peccato per chi non lo ha studiato, non lo ricorda o pensa (forse giustamente) che sia inutile, non sapere certe volte che lingua ancora parliamo: ippodromo, velodromo, autodromo sono esempi di parole comunissime che vengono da questo pezzetto di coniugazione δραμ… in italiano suona “dram”.
Il verbo, come scrivevo prima, significa correre
Per non parlare della parola ottico, es sto andando dall’ottico
Ancora più forte la radice ben conservata in inglese op-tician
Quel pezzetto “op” viene dal verbo irregolare greco ὁράω che poi fa ὄψομαι, εἶδον, ἑόρακα, ἑώρακα, ὁρώρακα, ὄπωπα,….. , ὦμμαι
questo è il pezzetto ὄπ… in italiano suona op ben conservato nella parola inglese optician, ottico appunto. Significa vedere.
Vabbè, dopo questi vaghi ricordi ora anche basta
Però è lo stesso percorso che usava il biologo evoluzionista Gould per vedere e capire da dove veniva l’evoluzione


"Quando mi trastullo con la mia gatta chissà se essa non faccia di me il proprio passatempo più di quanto io faccia con lei" Montaigne
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Vecchio 27-01-2023, 20:05   #24
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Predefinito Re: Sull'animalità, anche la nostra

A me, che ho trascorso l'adolescenza rotolando tra piazza Mura Greche e il Cippo a Forcella (due punti che delimitavano, ad ovest e verso est, la cinta muraria dell'antica Neapolis), che ho scorrazzato impenitente per i tre decumani che ne tagliano ancora oggi il corpo pulsante, il primo che viene in mente è un altro verbo greco, che è giunto quasi integro fino a noi mantenendo il suo significato: paizo (scusa ma non so trasformare i caratteri in quelli greci), che in napoletano diventa "pazziare" (giocare). Ma ci sono tante altre singolari tracce, anche di greco arcaico, che ti sorprendono sempre dolcemente. A Napoli abbiamo conservato anche tracce del "vau" o digamma, la malefica consonante che, con la sua caduta, ha creato disastri incommensurabili (non ultimi, i verbi irregolari). Esempio: basilico. Viene dal greco vasileus, poi in questo caso il vau è diventato beta, ma in napoletano basilico si dice "vasenicola". E potrei continuare fino a domattina...
Che ne diresti se ti augurassi per domani una giornata serena e rilassante come questo pezzo?

https://youtu.be/UTFD1C4tVIg

Ultima Modifica di leucio; 27-01-2023 at 20:08.
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Vecchio 27-01-2023, 20:41   #25
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Παίζω (giocare)
un bel copia e incolla perché se cambio lingua al computer, greco, poi non so se riesco a tornare all’italiano, nel dubbio…..


"Quando mi trastullo con la mia gatta chissà se essa non faccia di me il proprio passatempo più di quanto io faccia con lei" Montaigne
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Vecchio 27-01-2023, 22:56   #26
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leucio
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Predefinito Re: Sull'animalità, anche la nostra

Un'ultima digressione, poi ti giuro che il prossimo post su questa discussione sarà serio. Ma è una noticina divertente ed interessante, perfettamente in linea con la parentesi linguistica che ci siamo regalati. Qui dove abito io, siamo in piena Magna Grecia: da Cuma, la prima colonia fondata nell'Italia meridionale (ne ammiro l'acropoli dal balcone), a Neapolis, fondata da popoli attici, a Dicearchia (oggi Pozzuoli), fondata da esuli dell'isola di Samo.
Secondo alcuni storici, non so quanto attendibili, il greco parlato nell'isola di Samo aveva una caratteristica inquietante che si è mantenuta nella particolare maniera in cui i puteolani parlano il napoletano: col distorsore aperto a manetta. Spiegarlo in termini piani è difficile, per cui ti posto una sciocchezzuola (in musica, tanto per cambiare) che rende perfettamente l'idea. Nel pezzo c'è anche la traduzione in italiano del testo:

https://youtu.be/N6xUYGo0Log

La musica è uno standard blues suonato (quasi) dignitosamente.
La cosa divertente, dal punto di vista storico-linguistico, è che la città di Oplonti (oggi Torre Annunziata) è stata fondata da coloni provenienti da Pozzuoli. E anche lì parlano un dialetto con le stesse caratteristiche.
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Vecchio 30-01-2023, 16:17   #27
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Credo di non aver mai trovato un topic così interessante, in anni e anni di frequentazione di forum.
Sono stata a leggere in rispettoso silenzio, del resto, fra citazioni di Felice Cimatti e Leopardi, è dura avere qualcosa da aggiungere
Non scriverò molto, però voglio raccontarvi un aneddoto che mi riguarda. Per tutta la vita ho avuto la fobia dei cani (da bambina sono stata aggredita, in particolare mi inquietavano i cani in corsa e il rumore del guinzaglio, sensazioni che erano collegate all'episodio che ho vissuto). Da ragazzina scappavo a gambe levate in presenza di un cane, da adulta cercavo di contenermi razionalizzando la cosa, ma restava una profonda inquietudine che andava via solo quando la bestiola non era più nei paraggi. In fondo non me n'è mai importato molto, ci ho convissuto evitando i cani, tanto non ne avrei mai preso uno, e quelli degli altri stavano lontani. Da quando ho i gatti, non ho più questa fobia, ora guardo i cani anche con una certa simpatia e riesco anche ad accarezzarli, e non ho fatto nulla per togliermela di dosso, intenzionalmente.

Quote:
Non riusciamo a guardarli senza confrontarli con noi
E' vero, ma i miei due gatti rimangono per me un mistero, ci sono cose che fanno che non capisco, e va bene così, forse è questo che ci affascina tanto nei gatti. E per quanto possiamo avere la pretesa di un "controllo" sul mondo in cui stiamo, compreso il nostro corpo, perdiamo in partenza.
A proposito di musica: uno dei miei gatti (l'altra no, resta indifferente) si rilassa quando ascolta il suono della mia viola da gamba, credo sia una sensazione simile a quella che provo io quando ascolto il suono del mio strumento preferito (anche questa scelta è stata per me dettata da ragioni esclusivamente "emotive"), che ha una "voce" bassa, è per me un suono che viene dall'anima, ma è chiaro che è "per me", non a tutti darà le stesse sensazioni.
sonia non è collegato   Rispondi Citando Vai in cima
Vecchio 31-01-2023, 09:46   #28
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Predefinito Re: Sull'animalità, anche la nostra

Quote:
Originariamente inviato da Aletto Visualizza Messaggio
Animalità
o più propriamente, «di ciò che si chiama, con un singolare generale che mi ha sempre scioccato, l’Animale» (Deridda) implica il pensiero filosofico........
L’animale che conosciamo, e forse l’unico che possiamo conoscere, è la somma di quanto non riconosciamo come umano; per questo l’animale non esiste, perché non esiste questo chimerico vivente che pretende di riunire in sé tutti gli altri viventi.
L’animale è letteralmente una parola, una entità linguistica. ......
Mi ricollego al primo post di questa discussione e aggiungo quello che ha segnalato Sonia:
cit:
"Quote:
è dura avere qualcosa da aggiungere
Non riusciamo a guardarli senza confrontarli con noi

E' vero, ma i miei due gatti rimangono per me un mistero, ci sono cose che fanno che non capisco, e va bene così, forse è questo che ci affascina tanto nei gatti. E per quanto possiamo avere la pretesa di un "controllo" sul mondo in cui stiamo, compreso il nostro corpo, perdiamo in partenza."


Invece Sonia tu hai aggiunto qualcosa: la tua esperienza e la tua considerazione che siamo una specie che pretende di controllare, ossia l'eccellenza tra le specie, e che invece perdiamo in partenza. Non siamo una specie superiore tra le specie, colpevole forse anche dell'autoestinzione, cosa che di solito avviene tramite interventi esterni ed estremi. Come darti torto!

E io mi chiedo:
tu per te stessa non sei un mistero?
non è che la postura eretta ci sta soffocando, opprimendo, e non abbiamo più lo spazio per superare la necessità di essere diversi? Quello è lo spazio che Derrida inaspettatamente trovò nello sguardo della sua gatta.
L.Caffo oltre ad accorgerci dello sguardo animale, deduce che ci potremmo accorgere di un'altra consapevolezza: quella di ucciderli, di farli nascere per non farli vivere più di un tot di tempo. La nostra aggressività di specie tranne rare eccezioni che implicano la sopravvivenza individuale, a differenza delle altre che impropriamente chiamiamo aggressività, non ha nulla di innocente

Per me resta un mistero il motivo per cui per riconoscere la nostra animalità dobbiamo ricorrere alle animalità altrui.
In pratica l'animalità diventa ciò che non vediamo, e quando crediamo di vederla in realtà vediamo l'animale.
L'argomento è prettamente filosofico.

Faccio un paragone un po' ardito: ricordo che il neurobiologo Stefano Mancuso mostrò agli studenti una bellissima foto di una rigogliosa foresta pluviale e gli chiese: cosa vedete? Dopo un po' tutti dissero: lì c'è una scimmia.
Ignorando completamente il contesto in cui era immersa.
Come quegli studenti non riusciamo a vedere ciò che è più presente, è dappertutto ma non riusciamo a vedere. E' dentro di noi, la esponiamo, ma per me resta un mistero

Ti metto questo link, viola da gamba, spero ti piaccia
https://www.youtube.com/watch?v=3lS3ks7EKtU


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Vecchio 08-02-2023, 23:37   #29
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Forse l’esempio di Mancuso ci ricorda una nostra specifica caratteristica di specie: non a caso si dice che il miglior modo per nascondere un albero è ripiantarlo in una foresta. Una caratteristica che sta diventando sempre di più un limite.
Noi vediamo, ma non sappiamo più guardare. Né il mondo che ci circonda, né noi stessi. Sempre più spesso deleghiamo le nostre scelte, anche quelle più personali, a macchine, a modelli matematici, ad algoritmi. Sotto un profilo ‘macro’ la cosa è forse necessaria ed inevitabile (entro certi limiti, naturalmente): basti pensare ai supercalcolatori, i giganteschi server su cui corre l’economia finanziaria, macchine che sul mercato agiscono spesso al posto dell’operatore umano, grazie a velocità di calcolo inimmaginabili. E che spesso, proprio per la estrema velocità e ‘meccanicità’ della loro reazione di fronte ad un movimento anomalo dei flussi finanziari, causano lo stesso danni significativi, come è capitato almeno un paio di volte nell’anno appena trascorso.
Lo stesso meccanismo di delega si riversa, senza trovare significativo contrasto, ma anzi, salutato come un passo in avanti verso la modernità ed il futuro, anche nel nostro piccolo quotidiano. L’uso smodato dei cosiddetti ‘social network’ sta creando un’umanità sempre più sola, deprivata della sua capacità di relazionarsi con altri esseri viventi. Quante volte vi è capitato di trovarvi in una situazione conviviale con alcuni amici, e scoprire che dopo dieci minuti ognuno si immerge nell’algido candore dello schermo dello smartphone?
L’inaridimento delle relazioni umane, la nascita di realtà virtuali parallele in cui è possibile credere di vivere in un mondo illusorio, disancorato dalla realtà come promette di essere l’ultima follia del Metaverso, e soprattutto la messa a valore dell’immensa mole di dati che si accumulano e commerciano in rete, che ben lungi dal produrre conoscenza e condivisione si rivelano strumenti di controllo di massa e focolai di panico generalizzato (i vari complottismi che nascono e proliferano a partire dalla rete), definiscono un quadro, una prospettiva, un percorso che non lascia intravedere, a breve, una via d’uscita diversa dall’esito catastrofico per la nostra specie che si va sempre più nitidamente delineando. E questo è lo stato dell’arte, secondo me.
E Aletto scrive, nel post di avvio di questa discussione, che si tratta dunque di spezzare le soglie che dividono l’uomo dall’animale, nell’atto del “divenireanimale”, in cui attraverso la presenza dei corpi differenti, delle corrispondenze attraverso gli sguardi che ricoprono l’animale della propria dignità si risveglia quell’apertura che anela alla vita stessa. In questo scorrere vitale, partecipiamo tutti in modi diversi a un unico piano d’esistenza in cui l’animalità vive… E ha perfettamente ragione.
Ha ragione perché, sempre secondo me, se ancora desideriamo inventarci una vita il più piena possibile (perché di questo si tratta, e non di evocare bucoliche e fantasmagoriche Arcadie) dobbiamo riprenderci per i capelli tutti interi. Non come identità immutabili, scolpite per i millenni in una sorta di ‘marmo cartesiano’ (sempre per citare Aletto), ma come esseri viventi, fra gli altri, in divenire lungo un percorso evolutivo tutto da vivere e scoprire.
Coltivare l’utopia, un pizzico di sana follia contro la banalità dell’infame buonsenso quotidiano, contro l’accomodamento all’aria che tira. Studiare, sperimentare, incontrarsi, discutere e anche litigare (perché no?). E’ un lavoro di lunga lena, da passo di montagna. Sperando che ci sia ancora il tempo sufficiente per non morire di noia, terrore e solitudine.
‘Ci vorranno anni, molti, per arrivare ad una visione diversa che è troppo evidente per essere vista’ (citazione di Cimatti ripresa da Aletto nel primo post). E anche se sono tornato a Mancuso, alla sua scimmia nella foresta invisibile, stavolta Cimatti un pizzico di ottimismo (ma solo un pizzico, eh?) lo lascia in bocca. Almeno secondo me.
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Vecchio 09-02-2023, 11:02   #30
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Predefinito Re: Sull'animalità, anche la nostra

Rispetto ai cellulari non facciamo altro che seguire le nostre motivazioni di specie: li accudiamo, li teniamo puliti eliminando la zavorra che riduce lo spazio disponibile, collezioniamo icone inutili ecc. In altre parole esce alo scoperto un comportamento specie specifico immutato nei millenni.
AI, per me al momento è un desiderio e una dimostrazione di poter produrre una prerogativa che ci differenzia dal resto delle altre specie: l’intelligenza. Ma non c’è una definizione di intelligenza, e non sappiamo se AI chatGPT supererebbe il test di Touring, anche quello più aggiornato. Di fatto è stato proprio Touring a metterci ai posti blocco e a darci il via verso una corsa che non sappiamo se finirà. Ma chatGPT si può ingannare, ed è succube del bias del machine learnig.
A chatGPT si può chiedere di comporre sonetti, di darci immagini che rendono l'essenza del volo. E AI lo fa, ma sono calcoli di una macchina e sondiamo i limiti di un algoritmo, ma sapremmo distinguere il risultato da quello di una mano in cerca del bello?
Abbiamo trovato il modo di produrre il tanto agognato animale cartesiano. La macchia può anche far finta di soffrire, e soprattutto secondo me, non si stanca mai. Non ha bisogno di dormire, è vero che ogni tanto il nostro interlocutore macchinico ci mette un po’ a rispondere, ma non si stanca. Si accende e si spegne quando vogliamo e se lo vogliamo. E’ anche pronta e programmata per sfornare frodi scientifiche per “lei” irriconoscibili dalla verità, lavori pubblicati come coautore e per questo si sta cercando una regolamentazione.
AI è il nostro futuro interlocutore dialogico?
AI è utile? Dipende da come si usa, come dipende da come si usano i social, o piuttosto da come l’individuo pensa di usarli in modo intelligente. Torna il concetto di intelligenza, quella “cosa” che pensiamo tracci un altro solco tra noi ed il resto delle altre specie. Il Neanderthal era meno intelligente? Forse trasmetteva meno cultura. Forse la sua laringe non era ancora sufficientemente bassa.
Le nuove tecnologie in realtà ci interessano perché permettono di esprimere un ampio spettro di predisposizioni comportamentali sviluppate durante il lungo percorso evoluzionistico. In pratica cambia la forma, la dimensione espressiva che ne emerge, ma stringi stringi, la sostanza dei comportamenti è sempre quella.
-dimensione sociale
-motivazione ludica
-motivazione sillegica
-motivazione esplorativa
-la maniacale attenzione alla sua incolumità, le cure come fosse un grooming
Guardate qui:
https://www.marchesinietologia.it/wp...logico_760.jpg

Non si tratta più ormai, secondo me, di riprenderci per i capelli perché la società cambia e l’auspicato rischio di esserne emarginati finirà con i migranti digitali.


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Ultima Modifica di Aletto; 09-02-2023 at 11:05.
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