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Mici e a-mici in copertina Consigli e recensioni sui libri e riviste che riguardano i nostri mici e a-mici.

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Vecchio 24-02-2019, 08:29   #41
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Predefinito Re: L’incredibile intelligenza del gatto

Ok forse adesso ce la faccio a rispondere, ieri sera ho scritto ben due risposte papiro ma per qualche strano motivo il forum mi dava problemi. Comunque, assolutamente Muset, hai centrato il punto. L'interrogativo etico che poni penso sia quello che ogni persona che si ritrovi a convivere con un gatto si sia posta almeno una volta nella vita.
Per quel che mi riguarda, rispondo che una vita esclusivamente in casa soddisfa il bisogno umano di protezione e amore e anche di compagnia continua, ma non soddisfa i bisogni del gatto. Questa però è appunto la mia risposta, assolutamente non univoca e meno che mai imponibile a qualcuno, ci mancherebbe altro.
E detto questo chiudo questa parentesi che rischia di finire OT, parentesi che tra l'altro ho aperto perché, probabilmente per i problemi di cui sopra ieri sera mi ero persa tantissimi interventi di Aletto e di Lingua a cui adesso provo a ricollegarmi: @Aletto, mi colpisce quello che dici sull'aspettativa sociale che l'umano tende a non nutrire nei confronti del gatto perché non ne comprendiamo la socialità, mi colpisce proprio perché forse in realtà da Amelie è l'unica cosa che mi "aspetto"... In realtà fatico a parlare di vera e propria aspettativa, perché io mi aspetto che autodetermini la sua esistenza, nei limiti della specie, e aspettarmi qualcosa significherebbe avere illusioni di un certo tipo a riguardo e poter rimanere in qualche modo delusa, cosa che nei confronti di un gatto non contemplo nemmeno.
Tornando all'aspetto sociale, comunque, credo che il privilegio che ho di condividere la stanza con Amelie, il fatto che lei scelga di dormire con me gran parte della notte, di passare le ore in cui lavoro al pc sul letto oppure appollaiata in cima all'armadio, che ora che scrivo mi sia accanto acciambellata leccandosi... Ecco, per me questi sono i privilegi che forse non mi aspetto dal gatto, ma che sono contenta di aver ottenuto.
Molto più del gioco, delle coccole o di qualsiasi altra attività condivisa.
Ecco, forse il gatto rappresenta qusto per me: fiducia non facile da conquistare e che una volta conquistata è un onore conservare e non tradire mai.
Ho paura di aver rimarcato l'ovvio e di non essermi spiegata come avrei voluto, nel caso son qui
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Vecchio 24-02-2019, 11:17   #42
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Predefinito Re: L’incredibile intelligenza del gatto

Grazie Riri per il tuo intervento, davvero interessante e ricco di spunti, non credo affatto che tu abbia rimarcato l'ovvio e non vedo il pericolo di andare OT perché questo libro racconta tutti gli aspetti del gatto in modo dettagliato e se ne potrebbe parlare per ore. Quasi mi dispiace finirlo...

Mi rivedo molto in ciò che hai scritto su Amelie: io ho sempre considerato un privilegio Matisse che sceglieva di trascorrere tutta la giornata nella mia stanza con me quando studiavo e che scegliesse di dormire con me, come mi sento speciale quando Isotta socchiude gli occhi quando mi guarda, si acciambella sulle mie gambe, mi lecca e mordicchia le mani...

Conquistare la fiducia del gatto è difficile, ho potuto notarlo con Isotta. Non si lasciava toccare da nessuno e devo ammettere di aver insistito moltissimo con lei: cercavo di giocarci il più possibile, di instaurare un rapporto con lei, fin quando un giorno mentre dormiva mi sono avvicinata pianissimo e le ho fatto una carezzina sulla testa... lei si è svegliata, si è messa a pancia in su e ha fatto le prime fusa!

E mi rendo conto che forse ciò che sto scrivendo può risultare una prospettiva troppo "umanizzata", però è così che mi sento e mi piace pensare che Isotta si sia davvero affezionata a me e mi voglia bene.
Grazie a questo libro, però, sto imparando a cogliere anche altri segnali e cercare di immedesimarmi maggiormente nel gatto, in ciò che posso offrirgli affinché possa esprimersi più liberamente.


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Vecchio 24-02-2019, 12:22   #43
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Predefinito Re: L’incredibile intelligenza del gatto

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......@Aletto, mi colpisce quello che dici sull'aspettativa sociale che l'umano tende a non nutrire nei confronti del gatto perché non ne comprendiamo la socialità, mi colpisce proprio perché forse in realtà da Amelie è l'unica cosa che mi "aspetto"... In realtà fatico a parlare di vera e propria aspettativa, perché io mi aspetto che autodetermini la sua esistenza, nei limiti della specie, e aspettarmi qualcosa significherebbe avere illusioni di un certo tipo a riguardo e poter rimanere in qualche modo delusa, cosa che nei confronti di un gatto non contemplo nemmeno.
.....Ho paura........di non essermi spiegata come avrei voluto, nel caso son qui
Infatti non ho capito a quale intervento ti riferisci , non ho capito se ti colpisce positivamente, negativamente o perché non mi sono spiegata bene
Forse è questo: avevo scritto Alla domanda Ma cosa ci aspettiamo dal gatto, il soggetto siamo noi. A me viene da rispondere "mi aspetto che il gatto esprima chi è" però provo a risponderti considerando la nostra specie, le nostre motivazioni di specie e gli aspetti che le coinvolgono aprendo la relazione in un senso piuttosto che in un altro.
Se è questo il punto a cui ti riferisci, io ho preso in considerazione come si approccia al gatto (e agli altri animali) la nostra specie in generale e non i singoli individui.
Considerando la specie umana ho descritto le aperture relazionali più frequenti. La gran parte sono centripetative (di chiusura) e possono avere derive anche importanti, mentre quella più centrifugativa è quella epistemica perché ci spinge a decentrarci per prendere in considerazione il punto di vista del gatto
Queste poi si suddividono a loro volta.....ci vorrebbero pagine e pagine!

Le motivazioni umane che trovano un punto di aggancio con un altro animale sono essenzialmente quella epimeletica (affetto, affiliazione e protezione), quella sillegica (raccogliere, accumulare, catalogare ecc) quella esplorativa, e quella sociale. Ci sarebbe poi da approfondire anche l'aspetto emozionale che suscita in noi.

Parlo dell'essere umano perché il più delle volte la relazione col gatto e con gli altri animali è asimmetrica, sbilanciata, perché volenti o nolenti, siamo noi a scegliere la tipologia dell'incontro in base alle motivazioni di cui parlavo prima le quali poi determineranno la relazione e quindi il Cat Sense che è quello che ci interessa

In altre parole il senso del gatto che dovrebbe essere un concetto ben stabilito dalle sue prerogative, vediamo che invece viene plasmato a seconda delle nostre necessità ed aspettative, perché queste ci sono anche se non tutti le riversano sul gatto


"Quando mi trastullo con la mia gatta chissà se essa non faccia di me il proprio passatempo più di quanto io faccia con lei" Montaigne
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Vecchio 24-02-2019, 13:44   #44
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Predefinito Re: L’incredibile intelligenza del gatto

No assolutamente, ti sei spiegata benissimo e l'intervento che citi era proprio quello che intendevo anche io.
Con mi colpisce, in effetti, intendevo mi colpisce quanto, dal punto di vista umano, l'aspettativa sociale sia forse la meno compresa perché siamo lontani da una socialità felina e quanto invece io trovi molto naturale comprendere e apprezzare la maniera in cui il gatto stabilisce interazioni sociali con noi in quello che va al di là del gioco e delle coccole, forse così è più chiaro :-)
Tra l'altro credo che la tua definizione circa cosa ti aspetti dal gatto rispecchi totalmente anche il mio sentire: che si esprima per ciò che è, niente di più. La sua fiducia mi onora, come dicevo nel post precedente, mi onora ma non la trovo scontata né dovuta. Sono felice delle coccole e dei momenti di gioco che mi vengono concessi, ma li accetto, non li pretendo.
Ecco, forse tutto questo è più chiaro rispetto al post di stamattina
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Vecchio 24-03-2019, 11:13   #45
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Predefinito Re: L’incredibile intelligenza del gatto

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...
Per quel che mi riguarda, rispondo che una vita esclusivamente in casa soddisfa il bisogno umano di protezione e amore e anche di compagnia continua, ma non soddisfa i bisogni del gatto. Questa però è appunto la mia risposta, assolutamente non univoca e meno che mai imponibile a qualcuno, ci mancherebbe altro.
...
Lo so, è passato un mese dai nostri ultimi interventi e non ho ancora finito il libro... sto andando un po' a rilento a causa dei molti impegni universitari.

Comunque, mi volevo ricollegare a queste parole scritte da Riri per aggiungere alcuni spunti di riflessione presi dal capitolo 8, sulla vita del gatto in casa.

... Solo perché la specie nel suo insieme mostra una notevole flessibilità, non significa che i singoli gatti si adattino facilmente. Molto dipende dal loro stile di vita precedente e dalle loro aspettative. Un gatto semiselvatico abituato a cacciare in venti ettari di terreno che comincia, all'improvviso, a essere tenuto chiuso in una gabbia, sarà stressato quanto un gatto selvatico. Invece un gatto che è sempre vissuto in casa e che non ha mai dovuto cacciare per sopravvivere, quasi certamente morirebbe se fosse abbandonato da qualche parte e non riuscisse a tornare a casa.
...
Pochissimi sono i gatti che, anche potendo stare fuori casa, si accontentano di uno spazio ristretto quale può essere per esempio un appartamento molto grande; quelli che lo fanno, si avventurerebbero probabilmente in spazi più ampi se non avessero paura di incontrare altri gatti.
...
I gatti destinati a restare negli spazi domestici, forse non dovrebbero mai essere lasciati uscire, perché non sentano la mancanza di ciò che non hanno mai potuto avere.
Se però lo spazio è ristretto è bene che sia almeno qualitativamente elevato.
...
Un gatto che vive in casa deve anche essere tenuto occupato, perché al chiuso non può avere le variegate esperienze che la vita all'aperto procura, e certamente neppure l'ansia di un agguato da parte di un altro gatto. Per il proprietario, ciò richiede uno sforzo supplementare, che va preso in considerazione rispetto alla relativa facilità di permettere a un gatto di cercare la maggior parte degli stimoli mentali all'esterno. In particolare, i proprietari dovrebbero consentire al gatto di mantenere quanto più possibile un comportamento "naturale". Pur non essendoci prove scientifiche a sostegno della validità di tale principio anche per il gatto domestico, questa è una delle regole fondamentali del benessere animale, applicabile all'intero gruppo dei vertebrati.


Questo è un argomento che mi sta molto a cuore, perché mi rendo conto che la natura del gatto è comunque quella di esplorare, cacciare e stare all'aperto. Quando vedo Isotta sul nostro terrazzo, che si rotola per terra, va nei vasi, annusa i fiori, acchiappa le mosche... la vedo decisamente più soddisfatta e appagata.
In casa la tengo occupata con i suoi giochi preferiti e spesso è proprio lei che mi "chiama" quando vuole giocare.

Le parti in grassetto sono quelle con cui concordo di più, ma allo stesso tempo anche le più "controverse"... soprattutto la parte del non lasciarli uscire.

Voi cosa ne pensate?
Buona domenica a tutti


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Vecchio 24-03-2019, 19:26   #46
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Predefinito Re: L’incredibile intelligenza del gatto

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.....

... Solo perché la specie nel suo insieme mostra una notevole flessibilità, non significa che i singoli gatti si adattino facilmente. Molto dipende dal loro stile di vita precedente e dalle loro aspettative. Un gatto semiselvatico abituato a cacciare in venti ettari di terreno che comincia, all'improvviso, a essere tenuto chiuso in una gabbia, sarà stressato quanto un gatto selvatico. Invece un gatto che è sempre vissuto in casa e che non ha mai dovuto cacciare per sopravvivere, quasi certamente morirebbe se fosse abbandonato da qualche parte e non riuscisse a tornare a casa.
...
Pochissimi sono i gatti che, anche potendo stare fuori casa, si accontentano di uno spazio ristretto quale può essere per esempio un appartamento molto grande; quelli che lo fanno, si avventurerebbero probabilmente in spazi più ampi se non avessero paura di incontrare altri gatti.
...
I gatti destinati a restare negli spazi domestici, forse non dovrebbero mai essere lasciati uscire, perché non sentano la mancanza di ciò che non hanno mai potuto avere.
Se però lo spazio è ristretto è bene che sia almeno qualitativamente elevato.
...
Un gatto che vive in casa deve anche essere tenuto occupato, perché al chiuso non può avere le variegate esperienze che la vita all'aperto procura, e certamente neppure l'ansia di un agguato da parte di un altro gatto. Per il proprietario, ciò richiede uno sforzo supplementare, che va preso in considerazione rispetto alla relativa facilità di permettere a un gatto di cercare la maggior parte degli stimoli mentali all'esterno. In particolare, i proprietari dovrebbero consentire al gatto di mantenere quanto più possibile un comportamento "naturale". Pur non essendoci prove scientifiche a sostegno della validità di tale principio anche per il gatto domestico, questa è una delle regole fondamentali del benessere animale, applicabile all'intero gruppo dei vertebrati.


Questo è un argomento che mi sta molto a cuore, perché mi rendo conto che la natura del gatto è comunque quella di esplorare, cacciare e stare all'aperto. Quando vedo Isotta sul nostro terrazzo, che si rotola per terra, va nei vasi, annusa i fiori, acchiappa le mosche... la vedo decisamente più soddisfatta e appagata.
In casa la tengo occupata con i suoi giochi preferiti e spesso è proprio lei che mi "chiama" quando vuole giocare.

Le parti in grassetto sono quelle con cui concordo di più, ma allo stesso tempo anche le più "controverse"... soprattutto la parte del non lasciarli uscire.

Voi cosa ne pensate?
Buona domenica a tutti
E' una questione di competenze. Se un gatto è abituato a vivere all'aperto avrà competenze per vivere nell'ambiente in cui la specie si è evoluta. I gatti di città, come altri animali selvatici sono abituati alla città e a star attenti a quello che può offrire nel bene e nel male.
Non sono d'accordo sul fatto che se un gatto uscisse avrebbe paura di un altro gatto: c'è una socializzazione primaria prototipica che a differenza di quella secondaria non ha bisogno di essere rinnovata. Diverso il caso di un gatto sottratto alla nascita alla madre e portato in casa, ma un gatto socializzato con la propria specie che si avventura all'aperto potrebbe anche mettere paura ad un altro gatto che vive abitualmente fuori e non si aspetta di vederselo all'improvviso. Stiamo pur sempre parlando di una specie territoriale e solista che per evoluzione non ha necessità di intessere rapporti sociali.
I gatti destinati a restare negli spazi domestici, forse non dovrebbero mai essere lasciati uscire, perché non sentano la mancanza di ciò che non hanno mai potuto avere.
Allora, meno male che ha messo il "forse".
E non ci lamentiamo se poi hanno comportamenti che consideriamo strani ed inappropriati a causa di deficit motivazionali, se li vediamo apatici, depressi, mangioni e via dicendo.
Se appartengo alla specie homo sapiens ho il diritto di fare quello che la mia specie fa.
Agli altri animali abbiamo negato buona parte dei diritti che rivendichiamo: lo stesso diritto a cui teniamo tanto tipo la libertà, l'autodeterminazione, ed il diritto alla vita (inteso anche come diritto di non essere uccisi, mentre noi invece uccidiamo gli altri animali per cibarcene). Se neghiamo loro il diritto di vivere secondo la specie di appartenenza in qualche modo li consideriamo inferiori in nome di un bene stabilito da noi arbitrariamente perché corrisponde alle nostre esigenze di specie.
E torno a dire: non vorrei rinascere gatto.
i proprietari dovrebbero consentire al gatto di mantenere quanto più possibile un comportamento "naturale". Pur non essendoci prove scientifiche a sostegno della validità di tale principio anche per il gatto domestico, questa è una delle regole fondamentali del benessere animale, applicabile all'intero gruppo dei vertebrati.
Questo si può fare e lo facciamo, ma nonostante i nostri sforzi, la stanchezza quando torniamo a casa dal lavoro, resta comunque artificiale e non naturale. Anche la mattonella su cui camminano non è naturale. Poi, perché dovrebbe valere solo per i vertebrati?
Per quanto riguarda gli studi scientifici:
Ne 1975 P. Singer scrive Animal Liberation con il diritto alla vita e a viverla secondo la propria dimensione di specie
Il 7 luglio 2012 è stata siglata da un gruppo di scienziati, alla presenza di Stephen Hawking, la “Dichiarazione di Cambridge sulla coscienza”, la quale afferma che molti animali sono coscienti e consapevoli allo stesso livello degli esseri umani. "Noi dichiariamo che: “L’assenza di una neocorteccia non sembra escludere un organismo di avere stati affettivi. Prove convergenti indicano che gli animali non-umani hanno il neuroanatomici, neurochimici, neurofisiologici e substrati di stati di coscienza insieme con la capacità di mostrare comportamenti intenzionali. Di conseguenza, il peso delle prove indicano che gli esseri umani non sono unici in possesso dei substrati neurologici che generano coscienza. Gli animali non-umani, tra cui tutti i mammiferi e gli uccelli, e molte altre creature, tra cui polpi, sono anche in possesso di questi substrati neurologici."
Tutto ciò non ci basta.
Nel 2017 il neuroscienziato A. Damasio pubblica il libro "Lo strano ordine delle cose" nel quale con i suoi studi scientifici approfondisce ed amplia all'inverosimile quanto espresso dalla Dichiarazione di Cambridge. Anche se Damasio si riferisce all'uomo porta esempi di coscienza anche in forme di vita estremamente semplici.
Tutto ciò non ci basta.

Forse sono un po' severa ma è la mia opinione, per quel che vale


"Quando mi trastullo con la mia gatta chissà se essa non faccia di me il proprio passatempo più di quanto io faccia con lei" Montaigne
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Vecchio 26-03-2019, 17:46   #47
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Predefinito Re: L’incredibile intelligenza del gatto

Non capisco, cosa intende l'autore del libro affermando che i gatti destinati alla vita in appartamento forse non andrebbero mai lasciati uscire perché non sentano la mancanza di quel che non potranno avere?
Se si intende gatto che fa una vita esclusivamente in casa portato all'esterno dall'uomo, magari al guinzaglio o comunque in momenti prestabiliti, magari anche molto occasionali, allora sono totalmente d'accordo.
Ma se si riferisce a gatti che vivono in appartamento e a cui è data libertà di uscire... Allora credo mi sfugga qualcosa.
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Vecchio 28-03-2019, 12:04   #48
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Predefinito Re: L’incredibile intelligenza del gatto

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Non capisco, cosa intende l'autore del libro affermando che i gatti destinati alla vita in appartamento forse non andrebbero mai lasciati uscire perché non sentano la mancanza di quel che non potranno avere?
Se si intende gatto che fa una vita esclusivamente in casa portato all'esterno dall'uomo, magari al guinzaglio o comunque in momenti prestabiliti, magari anche molto occasionali, allora sono totalmente d'accordo.
Ma se si riferisce a gatti che vivono in appartamento e a cui è data libertà di uscire... Allora credo mi sfugga qualcosa.
Ora che me lo fate notare, effettivamente non è molto chiaro. Io l'ho interpretata come la prima opzione che hai scritto tu Riri, però è fraintendibile...

@Aletto

Sinceramente mi trovo d'accordo con ogni tuo intervento. Più mi informo, più leggo questo libro, più frequento il forum... e più mi interrogo sul tipo di vita che facciamo condurre ai nostri gatti. Molto banalmente, io sono sempre stata convinta che provassero emozioni come la paura, l'ansia, la sorpresa e anche la felicità o la tristezza, per quanto queste ultime si aprono a svariate sfumature di significato. Lo vedo nei loro occhi, nel loro modo di agire, e infatti nel libro c'è un capitolo sulle emozioni molto interessante.
I due interventi del libro che ho riportato rappresentano ciò su cui mi interrogo maggiormente, ovvero se lo stile di vita che ho costretto Isotta (lei come Matisse, il mio primo gatto) ad affrontare la soddisfi. A volte credo che lei sia appagata, altre volte mi sorgono dei dubbi... non potrò mai saperlo con certezza, posso solo fare il meglio che ho da offrirle. Ma le basterà? Ed è proprio questo che mi lascia sempre con quel dubbio interiore, perché il gatto è un animale complesso e per questo affascinante.
Mi inteneriscono molto i cani, il loro essere devoti ai propri padroni, la "facilità" con cui si instaura un rapporto di fiducia. Del gatto mi affascina il suo silenzio, il suo modo quasi invisibile di addentrarsi nella nostra vita e, pian piano, di far parte della nostra quotidianità tanto da diventare essenziale. Non schiamazza, ci sceglie. Sceglie di avvicinarsi, di farsi coccolare e si instaura un rispetto reciproco per il quale ognuno ha i propri spazi (in linea generale, poi ovviamente ogni gatto ha la propria personalità).

Grazie a entrambe per i vostri interventi e scusate se magari parlo un po' dell'ovvio... ma li apprezzo molto e apprezzo molto questa discussione!


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Vecchio 28-03-2019, 12:35   #49
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Ecco, a me invece i cani, oltre a suscitare spesso un certo timore per via di una brutta esperienza legata all'infanzia, tendono a non attrarre proprio per questo: la loro devozione, la loro ricerca di un branco.
Probabilmente è perché non desidero impormi a livello gerarchico, non mi interessa essere un punto di riferimento nel modo in cui il cane lo intende.
E questo mi fa chiedere una volta di più (lo faccio spesso da quando abbiamo iniziato questa discussione) ma io cosa cerco nel gatto? Perché ho in casa un animale domestico? La realtà è che probabilmente se non si piazzeranno gatti bisognosi sulla mia strada e se non riterrò di avere, come ora, la possibilità di offrire loro una vita il più possibile appagante probabilmente Amelie potrebbe tranquillamente essere l'ultima. E questo proprio perché al gatto richiedo solo che faccia il gatto e mi rendo sempre più conto che questo non implica per forza che debba essere mio compagno di vita.
Oddio, è tutto tremendamente OT, credo, e forse anche meno comprensibile del solito, ma penso sia il frutto di riflessioni che maturo da molto tempo e di questa discussione in particolare.
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Vecchio 29-03-2019, 19:41   #50
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........ Molto banalmente, io sono sempre stata convinta che provassero emozioni come la paura, l'ansia, la sorpresa e anche la felicità o la tristezza, per quanto queste ultime si aprono a svariate sfumature di significato. Lo vedo nei loro occhi, nel loro modo di agire, e infatti nel libro c'è un capitolo sulle emozioni molto interessante.
I due interventi del libro che ho riportato rappresentano ciò su cui mi interrogo maggiormente, ovvero se lo stile di vita che ho costretto Isotta (lei come Matisse, il mio primo gatto) ad affrontare la soddisfi. A volte credo che lei sia appagata, altre volte mi sorgono dei dubbi... non potrò mai saperlo con certezza, posso solo fare il meglio che ho da offrirle. Ma le basterà? Ed è proprio questo che mi lascia sempre con quel dubbio interiore, perché il gatto è un animale complesso e per questo affascinante.
Mi inteneriscono molto i cani,.......

......scusate se magari parlo un po' dell'ovvio...
Comincio dalla fine. A volte un pensiero sembra ovvio ma poi sotto sotto, giorno dopo giorno quel pensiero può prendere diverse direzioni, tornare su se stesso e poi assumere una forma più articolata. La relazione con un altro animale ci pone sempre pensieri e domande
Le emozioni sono il loro punto di forza ma anche di vulnerabilità, lo stress è il loro peggior nemico assieme alla rinuncia a poter esprimere ciò che vorrebbero.
Ognuno di noi fa quello che ritiene il massimo per loro, ma qual è per loro il massimo?
L'altra sera sentivo un gran trambusto, uno di loro aveva portato in casa una bellissima cavalletta che ovviamente ha fatto una brutta fine. Per me il massimo sarebbe stato prendere la cavalletta e portarla in giardino. Per loro il massimo è stato sfinirla.
Specie diverse, punti di vista diversi, è sempre qui che si ritorna

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Ecco, a me invece i cani, oltre a suscitare spesso un certo timore per via di una brutta esperienza legata all'infanzia, tendono a non attrarre proprio per questo: la loro devozione, la loro ricerca di un branco.
Probabilmente è perché non desidero impormi a livello gerarchico, non mi interessa essere un punto di riferimento nel modo in cui il cane lo intende.
E questo mi fa chiedere una volta di più (lo faccio spesso da quando abbiamo iniziato questa discussione) ma io cosa cerco nel gatto? Perché ho in casa un animale domestico? La realtà è che probabilmente se non si piazzeranno gatti bisognosi sulla mia strada e se non riterrò di avere, come ora, la possibilità di offrire loro una vita il più possibile appagante probabilmente Amelie potrebbe tranquillamente essere l'ultima. E questo proprio perché al gatto richiedo solo che faccia il gatto e mi rendo sempre più conto che questo non implica per forza che debba essere mio compagno di vita.
Oddio, è tutto tremendamente OT, credo, e forse anche meno comprensibile del solito, ma penso sia il frutto di riflessioni che maturo da molto tempo e di questa discussione in particolare.
Il cane è un'altra specie ancora, con una socialità simile per certi versi alla nostra, ma il suo agire è sempre corale, è parte di una squadra, e nella squadra come nel coro ognuno ha il suo ruolo. Non c'è bisogno di essere ad un livello gerarchico superiore per essere accreditati da un cane, c'è bisogno che ci consideri validi collaboratori e validi punti di riferimento. Per alcuni cani con caratteri particolari c'è bisogno però di fermezza
Non so voi, ma io fin da piccola ho vissuto prima con cani e poi con gatti e mi son resa conto che quelle vite così diverse dalla mia mi hanno accompagnato nel mio percorso -buttandola sul termine meno comune ma più appropriato- ontologico
Anche Due e la sua mamma io considero come compagne di vita, eppure non vivo con loro ma solo vicino a loro


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