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Il comportamento dei vostri a-mici Se avete dubbi, domande o esperienze sul comportamenteo dei vostri a-mici postate qui.

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Vecchio 19-01-2023, 15:01   #11
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Aletto
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Predefinito Re: Sull'animalità, anche la nostra

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Originariamente inviato da VEI-6 Vesuvius Visualizza Messaggio
Per le idee, mi sono abituata a non condividerle tanto visto il clima di intolleranza che c'è negli ultimi tempi (Facebook, che ormai guardo solo ogni 10 giorni, lo dimostra). La gente ti toglie il saluto magari perchè dici di non credere al cambiamento climatico antropico (e difatti ho già espresso quest'opinione qui, scoprendo con gioia di trovarmi in un forum tollerante nella media, nessuno mi ha attaccato per questo).
La mia opinione sull,argomento del topic vorrei esprimerla con calma, con un bel copia incolla di un testo scritto in precedenza, evitando la foga col rischio di dire solo 1l 20% del voluto o di limitarmi al 'si, però...'
Il dialogo dovrebbe avere come finalità un arricchimento reciproco per riflettere e rimettersi in discussione, non per convincere. fb ha pochissime pagine dove questo può avvenire. Anzi direi che non è questo il suo scopo.


"Quando mi trastullo con la mia gatta chissà se essa non faccia di me il proprio passatempo più di quanto io faccia con lei" Montaigne
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Vecchio 22-01-2023, 17:22   #12
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leucio
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Predefinito Re: Sull'animalitÃ*, anche la nostra

@ Aletto
Il time out che mi voglio prendere riguarda un aspetto per me intrigante come il logos. Ho bisogno di rinfrescare alcune letture, una in particolare di un libro che non ricordavo di aver prestato (L'ordine del discorso, di Foucault), e non ricordo a chi. Dispersi da tempo immemore gli appunti che avevo preso (per studio personale, non altro), l'ho dovuto ordinare, anzi l'ho voluto ordinare, ed è la prima volta che decido di rimettere mano alle "sudate carte": se vuoi, adesso ho un piccolo debito culturale con te, di quei debiti che è bello avere e riconoscere, senza troppe cerimonie.
La comunicazione limbica è, come dici tu, il regno delle emozioni e delle passioni, degli slanci e delle pulsioni di entrambi gli individui che comunicano (umani e non). Per questo è una comunicazione essenzialmente individuale (intendo individuale = coppia di due individui), determinata sempre in primis dalla disponibilità e dal desiderio nei suoi esiti.
Voglio dire che dipende non solo da quali emozioni vivi, ma anche dalla gerarchia, dal mix che assumono nel rapporto con l'altro individuo. E dulcis in fundo, dalla capacità del comunicante umano di elaborare correttamente i dati dell'esperienza per cercare di inventare una propria efficace comunicazione "in divenire" con il comunicante non umano
Decisamente non un modello generalizzabile.
Ma lo stato dell'arte, fra studi scientifici, (in)disponibilità altezzosa di specie, quali altri strumenti possibili, se non il ricorso al forme e strumenti della nostra "animalità profonda" ci offrono per una diversa modalità di comunicazione con l'animale-altro-da noi ?
In realtà, a me sembra che a noi (come specie) non interessi affatto.

Ultima Modifica di leucio; 22-01-2023 at 17:24.
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Vecchio 22-01-2023, 17:39   #13
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Predefinito Re: Sull'animalità, anche la nostra

@ Aletto

Dimenticavo, a proposito di comunicazione limbiale, questa è la musica che andava mentre scrivevo. In fondo, ne fa parte, in qualche modo .

https://youtu.be/AGPx-ekqZEo

Considerala, se vuoi, una sorta di testimonianza di regressione indotta dalla convivenza (e dalla comunicazione?) con un fratellino felino (quale Averno è per me).

Ultima Modifica di leucio; 22-01-2023 at 17:43.
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Vecchio 23-01-2023, 15:57   #14
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Predefinito Re: Sull'animalità, anche la nostra

@ leucio
Ma lo stato dell'arte, fra studi scientifici, (in)disponibilità altezzosa di specie, quali altri strumenti possibili, se non il ricorso al forme e strumenti della nostra "animalità profonda" ci offrono per una diversa modalità di comunicazione con l'animale-altro-da noi ?
In realtà, a me sembra che a noi (come specie) non interessi affatto.


E’ su queste due ultime frasi che si imperniano le mie considerazioni, un po’ alla rifusa.

Il cosiddetto grande nemico degli animali e dell’animalità era Cartesio che affermò che qualunque umano, seppure poco o affatto intelligente poteva parlare e farsi capire, mentre l’animale no.
E l’animalità serviva a garantire la specialità dell’umano e non provò neppure ad infrangere questa barriera caduta definitivamente con Darwin dalla cui teoria emerge che noi non siamo speciali ma specifici.
Siamo animali ma di un altro tipo, di un’altra specie. Molti filosofi e scienziati non parlano di animalità, perché è più semplice dire chi non siamo.

Ma il logos esiste? O riconosciamo come esistente solo il nostro di logos?
E le lingue diverse?
Sono tutte espressioni di logos sconosciuto tanto quanto gli infrasuoni emessi da molte specie non umane e che usano abitualmente per comunicare e *dire* a tutti gli effetti dove sono per potersi rintracciare, di cosa hanno bisogno, cosa sta succedendo, in pratica aiuta e esprime socialità per chi vive in società organizzate, ma in questo concetto vorrei includere anche il gatto, perché quando il gatto -pur non formando società organizzate-, segnala la sua presenza con feromoni, sta comunicando senza logos con la sua specie che non può far altro se non recepire il messaggio; ma il primo gatto ha manifestato una mente, il secondo gatto recepisce senza mente perché non ha altre possibilità finché…..finché non trasgredisce il messaggio emanato dal primo, e questa sarebbe una risposta senza logos.

Invece i logoi infrasuonici (non ricordo il nominativo plurale corretto) sono emessi a diverse frequenze di infrasuoni, e diversa ampiezza. Poi vabbè ci sono gli ultrasuoni, ma con quelli abbiamo più dimestichezza pur non potendoli ascoltare.
Di nuovo, se circoscriviamo il logos (già limitato in sé) alla prerogativa dell’animot, pecchiamo di antropocentrismo e logocentrismo, e restiamo nel dualismo uomo e non uomo. Se Derrida dice sull’animalità: io sono l’animot, quando si sofferma sullo sguardo della sua gatta che lo sta guardando avvertendo il proprio disagio, e pensa -più o meno- nessuno mi ha mai raccontato cosa significa essere guardato da un animale e superare questo disagio di essere guardato nudo dalla gatta.

Il problema dell’animalità è ribaltato per la prima volta in forma chiara e Derrida si rende conto che la parola animale è una trappola che ci divide dagli altri animali e ci mette in ordine gerarchico al primo posto. Nella sua mente prende forma una tassonomia classica ma dal punto di vista dell’animale che lo sta guardando. Il fulcro non è più l’umano ma il non umano che ci potrebbe classificare, il non umano che tuttora noi considerandoci soggetti decidiamo dove mettere, che farne, se mangiarlo o no, se castrarlo o no, se salvarlo ecc ecc.
Siamo molto ingenui se pensiamo che gli altri animali siano privi di logos: come avrebbero potuto sopravvivere senza comunicare gli esseri viventi le cui specie stanno sulla faccia della terra milioni e milioni di anni prima di noi? Comunicano per vivere sopravvivere con modalità diverse dalle nostre. Quindi quando loro comunicano ma il nostro orecchio non percepisce quelle frequenze, non significa che non si stiano trasmettendo informazioni, il che è diverso dal dire che non hanno il logos solo perché il nostro orecchio non lo percepisce.

Qualche giorno fa vedevo un programma in cui si parlava di comunicazione animale.
Una biologa ha passato 15 anni di studi sulla comunicazione tra le balene, poi è andata in africa ed improvvisamente un giorno, in zone dove erano presenti gli elefanti che non vedeva, il suo orecchio allenato ha percepito non un suono ma un insieme di onde che sbattevano contro i suoi timpani. Ha registrato, ha provato ad associare col computer quelle onde con quelle delle balene ricavandone il linguaggio usato dagli elefanti nell’infrasuono. Tutte quelle modalità di logos sono trasmissione di emozioni ed intenti che noi non possiamo utilizzare.

Gli animali tra loro dialogano, ma non possiamo e dobbiamo accomunare il loro dialogo al nostro perché il linguaggio è diverso e non dovremmo immettere anche in questo caso una gerarchia, quella delle differenze di linguaggio, altrimenti ci risiamo daccapo col noi e loro. Dire che A è diverso da B non significa dire che A è meglio o peggio di B. Significa dare valore e dignità ad A in quanto A e a B in quanto B. Proviamo a mettere in atto questo pensiero e ci renderemo conto di quanto sia difficile non usare la parola animale (che contiene tutti gli animali) e che, stringi stringi, questa parola pensa al posto nostro, e quindi pensa automaticamente a tutto il già pensato in proposito.

L’animalità è sia l’altro da me che l’altro con me, è un po’ come l’elettrone della fisica quantistica che è sia lì che qui senza dividersi e senza riunirsi.

Poi il logos:
Gli manca solo la parola: perché quello che ha non basta? E poi non è vero che gli manca la parola

Nella foto Derrida e la gatta
https://i.pinimg.com/474x/aa/34/eb/a...360cea281f.jpg


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Vecchio 24-01-2023, 02:04   #15
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@ Aletto

E con questo, anche il discorso che pensavo di fare sul logos è bello che archiviato. Fortunatamente, perchè io stavo commettendo l’errore di ragionare esclusivamente sulle forme di comunicazione umana: da qui l’affermazione sul logos che può essere anche una barriera, una forma di disciplina e di esclusione. Avevo in mente le procedure di esclusione formulate da Foucault ne L’Ordine del discorso, ed è da qui che ricavavo l’idea del logos come campo di battaglia (e figurati se non concordo con te nel ritenere la rivendicazione del logos come un atto rivoluzionario!), ma qui stiamo parlando d’altro, ed è bene non divagare troppo.
Resta di positivo il fatto che comunque mi hai fatto desiderare di riprendere in mano i vecchi ‘ferri del mestiere’ abbandonati da trent’anni a questa parte, dispersi chissà dove e di cui non volevo sapere più nulla. E che comunque li riprenderò.
Sulla questione del logos, così come la poni tu, siamo d’accordo, solo con qualche piccola puntualizzazione. Penso che nel dialogo, nella comunicazione infra-specie la barriera delle differenti forme di espressione verbale, i logoi, sia molto più tenace e resistente della differenza che c’è tra due parlanti lingue diverse ma appartenenti alla stessa specie. Sarà per una forte capacità empatica, ma mi sono state accreditate spesso capacità di comunicazione capaci di scavalcare questo tipo di barriera. L’unica che considero 'scientificamente provata', perché avvenuta alla presenza di una terza persona che padroneggiava tutte le lingue utilizzate nella circostanza (si partiva dal film ‘La Battaglia di Algeri’ per arrivare al terzomondismo di molti intellettuali italiani tra i ‘60 ed i ’70), è stata una discussione con un simpatico manager algerino che parlava arabo e francese, con cui ci sono stati lunghi momenti in cui ognuno usava la sua lingua (io solo l’italiano e il napoletano) e ci capivamo perfettamente. Il fatto che ognuno usasse la sua lingua ci è stato detto a discussione finita, perché noi due, presi nel vortice del desiderio di comunicare, non ce ne eravamo affatto accorti. Con i viventi non umani, la cosa è decisamente più complessa, almeno per me.
Con Averno, il mio primo maestro, il punto di partenza vero è stato quando è entrato in casa, ed abbiamo cominciato quella che io definisco una convivenza. Appena uscito dal trasportino, Averno non si è preoccupato dell’ambiente in cui si trovava per la prima volta. Non lo ha degnato di uno sguardo. Il suo interesse principale era stabilire un dialogo, una relazione con me. Interesse ampiamente condiviso: abbiamo passato lunghi minuti a studiarci, ad esitare nel cercare i modi di dire, sempre sorridendoci e cercandoci. Non mi sono mai considerato meglio o peggio di lui, riconoscendogli la stessa dignità ed individualità che avrei riconosciuto a te o a qualsiasi altro essere umano verso cui nutro una disposizione d’animo positiva, amichevole. Sono stato sempre disponibile, con la stessa letizia, ad apprendere ed insegnare, mettendoci sempre tutte le mie risorse, la mia energia, la fantasia. Da qui, il terreno emozionale, limbiale come dici tu, è stato quello più naturale, immediato su cui incontrarsi, nelle forme e nei modi sintetizzati nel precedente post.
Le forme verbali, il logos, hanno e hanno avuto un ruolo decisamente di secondo piano, ma ci sono. Sia perchè lui attraverso le diverse modulazioni del miagolio o altri suoni che emette manifesta esigenze, desideri, anche quelli ai nostri occhi più inusuali (c’è il miagolio con cui mi chiede di accompagnarlo alla lettiera, che è un atto di richiesta e conferma di attenzione perchè i primi tempi, con i guai ortopedici che aveva, non riusciva ad entrare e uscire da solo), sia perché in alcune circostanze, solitamente quando riesco a fargli sentire che si tratta di cosa seria, ascolta quello che gli dico, e dal mio tono e dalla mia gestualità (che lui comprende abbastanza bene) credo che capisca il senso generale di ciò che intendo comunicare, dato che sostanzialmente si regola poi di conseguenza.
Non credo di essere né un eroe né un modello di quello che non si deve fare. Non ho conoscenze specifiche da cui muovere. Ho pensato solo che anch’io sono un animale, di altra specie ma un animale come lui. Forse il termine ‘animale’ anche usato così non è corretto (non in contrapposizione, ma come termine inclusivo di entrambi, leucio ed Averno). Ma non riesco a trovarne uno migliore. Si accettano, di ottimo grado, suggerimenti.

PS. Credo si dica infrasonico, per analogia con subsonico e supersonico (plurali, infrasonici, subsonici, supersonici).
Credo proprio che quando andrò a ritirare il libro di Foucault, ne approfitterò per ordinare il testo di Derrida che citi spesso (anche se ho capito che non è di lettura proprio semplicissima). Nell’attesa che si ristampino i testi di Marchesini (con il boom di adozioni di ‘animali’ cosiddetti domestici dovuto alla pandemia, sarebbe ora che ci sia una ricaduta positiva anche sul mercato editoriale, e non solo sul pet food o peggio, su orrori come ‘Pitti Pet’, una sfilata di alta moda per cani e gatti lobotomizzati che qualcuno ha avuto il coraggio di organizzare lo scorso anno), stavo pensando al testo di Cimatti che hai citato in questa discussione. E’ un’impresa pazzesca, roba da fuggire urlando sulla cima di Monte Gauro passando il resto della vita a nutrirmi di locuste e serpenti, o pensi che ‘se pò ffà’ ?

Ultima Modifica di leucio; 24-01-2023 at 02:13.
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Vecchio 24-01-2023, 11:03   #16
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Predefinito Re: Sull'animalità, anche la nostra

@leucio
"Penso che nel dialogo, nella comunicazione infra-specie la barriera delle differenti forme di espressione verbale, i logoi, sia molto più tenace e resistente della differenza che c’è tra due parlanti lingue diverse ma appartenenti alla stessa specie. Sarà per una forte capacità empatica, ma mi sono state accreditate spesso capacità di comunicazione capaci di scavalcare questo tipo di barriera."
Penso che tra due interlocutori che siano o meno dotati di logo, o abbiano sviluppato linguaggi diversi, sia essenziale trovare comunque un modo per dialogare e questo perché in mezzo c'è la necessità.

Innanzitutto redo che avrei dovuto adottare l’umiltà di Darwin che mette in cima alla pagina del suo taccuino “I Think”, e solo sotto poi disegna il suo famoso cespuglio, a maggior ragione il mio post sarebbe dovuto essere preceduto da un bel “io penso che”

Qui la foto della sua famosissima pagina, ormai disponibile anche in formato T shirt ed indossata da chi forse non sa cosa ha preceduto quel pensiero e quel disegno
https://upload.wikimedia.org/wikiped..._Tree_1837.png

Il dialogo con i gatti ed altre specie non umane (eviterei un dialogo con una libellula e con molte altre specie per me dialogicamente inavvicinabili) penso sia possibile grazie alla multifattorialità da cui è composto, es: contatto visivo, postura, prossemica, velocità del nostro parlare e viceversa lentezza del nostro parlare e del movimento, la pesantezza o la levità del passo ecc ecc e la durata dell’impostazione dialogica che rappresenta un nostro stato d’animo, da cui loro ne evincono il nostro e che trasmette loro emozioni inevitabilmente recepite e corrisposte nel bene e nel male.
Consideriamo che anche un umano muto può egregiamente dialogare con loro.

Credo che alcuni gatti con cui viviamo usino il miagolio modulato come forma evolutiva di comportamento, per me sarebbe una exaptation (S.J.Gould), in particolare l’exaptation 3a, tento di spiegarmi: consiste in un modello contingente di cambiamento delle regole interne di sopravvivenza e quindi il miagolio quasi assente nei gatti selvatici e ferali, viene cooptato dal cosiddetto gatto domestico per svolgere altre funzioni. E qui bisognerebbe leggere il pdf di Sara Campanella “Quando il comportamento si fa evoluzione, la via piagetiana dell’epigenetica” ma non me lo fa scaricare tutto.

Per sommi capi, il gatto come sappiamo usa il problem solving, e secondo Piaget -che si è occupato molto dei bambini- questo si ha quando si crea un equilibrio tra assimilazione ed accomodamento, ossia quando si riesce a discriminare tra azioni reali o mentali diverse e ad usarle in maniera adeguata ed efficace. Il gatto allora così ottiene risultati, in questo caso in termini dialogici con un’altra specie.

Il testo di Derrida sinceramente l’ho letto solo a pezzi e bocconi offerti dal web e me ne sono fatta un’idea più completa ascoltando altri filosofi che ne parlano e che parlano dell’animalità: esce sempre fuori Derrida.

Il filosofo Cimatti insegna filosofia del linguaggio, se lo ritrovo metto un link breve sullo sguardo animale, trovato
https://www.youtube.com/watch?v=g4EBLIqzbyg

Infrasuoni: per sicurezza, siccome anche a me veniva da dire infrasonico ma non infrasono, sono andata sul sito dell’accademia della crusca che rimanda a UTET Grande dizionario della lingua italiana, ed è riportato così tale e quale: infrasuono, infrasuoni ma non c’è il termine infrasonico o infrasuonico, de deduco che sia un gergo adottato tra addetti. Forse tu trovi di meglio.


"Quando mi trastullo con la mia gatta chissà se essa non faccia di me il proprio passatempo più di quanto io faccia con lei" Montaigne
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Vecchio 26-01-2023, 07:33   #17
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Predefinito Re: Sull'animalità, anche la nostra

A proposito del linguaggio comune, questo studio riguarda due primati: uomo e scimmia antropomorfa:
"C'è un linguaggio ancestrale condiviso da tutte le specie di grandi scimmie, compresi noi. Una teoria
ENRICO BUCCI 26 GEN 2023
Gli scimpanzè sanno usare i gesti per parlare tra di loro. E alcune regole che seguono sono proprie della linguistica umana. Uno studio per una nuova probabile scoperta: l'esistenza di un antico e comune modo di comunicare


Uno dei più importanti strumenti di cui la nostra specie fa uso è certamente il linguaggio, al cui apprendimento siamo adattati in via innata. Per una serie di vantaggi che qui non discuterò, ma che sono ovvi, il linguaggio verbale, basato sulla comunicazione vocale, è la forma privilegiata di comunicazione fra esseri umani; tuttavia, non è certo l’unica, ed è spesso assistita da altre forme di comunicazione non verbale – in particolare da quella gestuale.

Questa seconda forma di comunicazione è caratteristica anche delle grandi scimmie antropomorfe: gli scimpanzè, per esempio, utilizzano centinaia di gesti diversi per la propria comunicazione, e sono in grado anche di comporre sequenze di gesti, il cui significato è dipendente dai singoli gesti componenti la sequenza.

Questa abilità, oltre che in natura, è stata documentata anche in scimpanzè cui è stato insegnato il linguaggio dei segni umano: esemplari che ben padroni di questa forma comunicativa, posti di fronte a fatti nuovi – come l’osservazione di un cigno in un laghetto – comunicavano correttamente ciò che stavano vedendo combinando i segni per acqua e uccello, dimostrando la tipica flessibilità di uso delle singole “parole” di un linguaggio quando usate nella combinazione appropriata.

Non solo: recentemente, è stato scoperto che gli scimpanzé usano i gesti per comunicare in modi che seguono alcune regole linguistiche umane. Nel corso degli anni, i linguisti hanno scoperto che il linguaggio umano è conforme a regole specifiche indipendentemente dalla lingua in cui viene parlato. Una di queste regole, la legge dell'abbreviazione di Zipf, corrisponde al fatto che le parole usate più frequentemente tendono a essere brevi. Un'altra regola è chiamata legge di Menzerath: afferma che le strutture linguistiche più grandi tendono a essere separate da segmenti più brevi quando vengono pronunciate.

I ricercatori hanno scoperto che le regole del linguaggio umano si applicano all'uso dei gesti da parte degli scimpanzé: i gesti più comunemente usati tendono a essere piuttosto brevi, per esempio, e i gesti più lunghi sono interrotti da più gesti più brevi. Ciò suggerisce che le basi dei sistemi di comunicazione dei primati non umani esaminati e degli umani seguono gli stessi principi matematici di base, che tendono a ottimizzare la compressione in funzione della rapidità di esecuzione.

Dati questi elementi, ci si è chiesti recentemente se non possa esistere una forma comune di linguaggio gestuale comune fra le grandi scimmie, cioè se almeno le specie antropomorfe non siano in grado di comunicare almeno parzialmente utilizzando gesti, senza avere esperienza pregressa del loro significato.

Un lavoro appena pubblicato* sembra dare sostanza a questa ipotesi: gli esseri umani mantengono una comprensione dei gesti compiuti da altre grandi scimmie, anche se non li usiamo più noi stessi. Era già noto che molti gesti usati dalle scimmie fossero condivisi fra specie non umane, comprese scimmie solo lontanamente imparentate fra loro come scimpanzé e oranghi.

Nel nuovo lavoro, i ricercatori hanno testato la capacità delle persone di comprendere i 10 più comuni gesti usati dagli scimpanzé e dai bonobo utilizzando un gioco online. A oltre 5.500 partecipanti è stato chiesto di visualizzare 20 brevi video di gesti delle scimmie e di selezionare il significato del gesto tra quattro possibili risposte. Si è così scoperto che i partecipanti hanno interpretato correttamente il significato dei gesti di scimpanzé e bonobo in maniera statisticamente migliore di quanto ci si potrebbe attendere sulla base del caso, ovvero in oltre il 50 per cento dei casi (ricordiamo che le risposte possibili erano 4 per ogni gesto).

I risultati suggeriscono che sebbene non usiamo più certi gesti, potremmo aver mantenuto una comprensione di questo sistema di comunicazione ancestrale. Non è chiaro per ora se la nostra capacità di comprendere specifici gesti delle grandi scimmie sia ereditata o se gli esseri umani e altre grandi scimmie condividano la capacità di interpretare segnali significativi a causa della loro intelligenza generale, della somiglianza fisica e del comportamento sociale condiviso.



Al di là del fatto che sia geneticamente prestabilito, la capacità di interpretare correttamente (e di utilizzare) certi gesti appare in ogni caso suggerire l’esistenza di un vocabolario gestuale evolutivamente antico e condiviso tra tutte le specie di grandi scimmie, compresi noi; è probabile che lo stesso sistema di comunicazione fosse condiviso anche con altre specie umane con cui abbiamo convissuto, fornendo così una base per ipotizzare come potrebbero essere avvenuti i contatti interspecifici, che ci hanno portato anche all’ibridazione con specie come i Neanderthal, e allo stesso modo fra questi e l’uomo di Denisova.

È probabile che comprendevamo tutti una elementare lingua dei segni, la stessa che per esempio ci permette oggi di comunicare concetti elementari a chi non comprende la nostra parola e che riusciamo a cogliere nella comunicazione non verbale delle specie di scimmie non umane che vivono ancora oggi.


*link allo studio, che spero si apra
https://journals.plos.org/plosbiolog...l.pbio.3001939


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Vecchio 26-01-2023, 21:38   #18
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Il link funziona perfettamente: ho scaricato prima in ufficio e poi da casa sia l'articolo del prof. Bucci (se non ricordo male, quello che forse è molto più bravo di te, ma senza tutte le o che ci hai messo tempo fa in un post su questo forum ), sia, soprattutto, lo studio citato nel breve articolo, che per uno a digiuno dei mattoncini di base delle scienze biologiche e dell'etologia è un discreto mamozio. Mi riprometto, appena riuscirò a rubacchiare qualche ora, di leggerlo con la calma e la concentrazione giuste. E magari ci tornerò pure su.
Il dato comunque incontrovertibile, e cioé che un campione di oltre 5mila umani ha riconosciuto il significato preciso della gestualità di altri primati divenuti desueti per noi, non è affatto un'acquisizione da poco. Anche se non appaiono chiare fino in fondo le ragioni profonde, l'idea che esista un antico alfabeto non verbale su cui si strutturano modi e forme di comunicazione di tutti i primati (noi compresi), ci dice anche molto sulla nostra animalità completamente rimossa, che noi cerchiamo sempre di confinare nella sfera delle manifestazioni di violenza e sopraffazione. Mentre invece, dalle stesse regioni del cervello in cui si accendono le spie di queste istintualità, promanano anche quelli che noi spesso consideriamo i tratti più nobili della nostra specie. Davvero, si tratta di fare la pace con noi stessi, e per fare la pace con noi stessi non possiamo che farla anche con gli altri viventi che ci sono più prossimi. Magari cominciando ad ascoltarli per davvero, liberi da pregiudizi e sovrastrutture 'antropocentriche'.
Sarà una suggestione banale, molto probabilmente una cosa buttata là, senza alcun fondamento scientifico, ma quel poco di esperienza fatta (indirettamente) con cani e (direttissimamente) con Averno, mi lascia supporre che possa esistere un meta linguaggio, fatto di cenni (gesti) ed espressioni facciali molto più arcaico e misterioso, che consente livelli elementari di comunicazione (non so fino a che punto codificabili) anche con specie diverse dalla nostra, o dalla 'grande famiglia dei primati'.
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Vecchio 27-01-2023, 12:20   #19
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@ leucio
...un campione di oltre 5mila umani ha riconosciuto il significato preciso della gestualità di altri primati....
E' così che la scienza lavora, sul numero e sulla riproducibilità dei dati ottenuti, altrimenti sono solo piacevoli chiacchiere
Considera che prima di pubblicare un lavoro, gli stessi scienziati che lo hanno fatto gli fanno le pulci per smentire i dati che hanno ottenuto. Poi eventualmente viene pubblicato dopo una peer review. E a volte manco basta.


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Vecchio 27-01-2023, 13:25   #20
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@ Aletto

Conosco il metodo scientifico, e qualcosa di simile al doppio controllo su dati e risultati di un lavoro (altro dalla ricerca scientifica, of course) l'ho anche fatto più volte. Sottolineavo il dato numerico perché il campione testato, quantitativamente, è molto attendibile. E questo dato statistico aggiunge, e non leva, qualità alla ricerca.

PS Dimenticavo: ho fatto una ricerca sulla questione ultrasuonico / ultrasonico. Visto che tu sei andata sull'Accademia della Crusca, io ho provato con il sito della Treccani, ma il risultato è stato lo stesso, tranne che non mi hanno rinviato a nessun dizionario. Contro la mia lettura "musicale" dell'italiano (in genere la forma corretta è anche quella che suona meglio), ha probabilmente vinto la gergalità di un linguaggio per addetti ai lavori, come ipotizzavi tu.

Ultima Modifica di leucio; 27-01-2023 at 13:29.
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